In una recente intervista di Andrea Costa ha affermato che a breve in Italia “saranno pronti i bandi per la produzione di cannabis terapeutica ad uso medico da parte di aziende pubbliche e private”. Sottosegretario del Ministero della Salute, ha riacceso le speranze per le molte persone che si curano con la cannabis terapeutica.
La notizia è certamente importante e aspettiamo che a questa dichiarazione seguano le azioni e, soprattutto, aspettiamo di capire il contenuto dei bandi.
Ma andiamo per gradi.
La legge italiana – una delle leggi migliori al mondo sul tema cannabis terapeutica – afferma che è possibile curare con la cannabis terapeutica quando i farmaci tradizionali hanno fallito nell’efficacia terapeutica o quando gli effetti collaterali sono tali da renderli inutilizzabili. Ma, pur avendo una legge ottima, chi ne regola la sua applicazione la rende di fatto poco inutilizzabile. Argomento questa mia affermazione.
Primo problema: se per curarmi devo assumere farmaci tradizionali, posso farlo gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket, dipende da patologia e reddito. Se i farmaci tradizionali sono inefficaci o mi provocano effetti collaterali, la cannabis e i suoi derivati – che, per legge, posso assumere essendo unica alternativa rimasta – sono spesso a pagamento e la loro dispensazione regolata delle varie leggi regionali. Questo comporta 20 modi diversi di dispensazione, con un caos normativo indescrivibile. Il costo non è un problema da poco, perché si tratta di centinaia di euro al mese che gravano sulle economie dei pazienti.
Secondo problema: lo Stato ha previsto un meccanismo di approvvigionamento della cannabis tale per cui le persone ammalate sono spesso senza terapia e, quindi, le persone non possono essere curate. Ogni giorno lottiamo contro la difficoltà di approvvigionamento e vediamo i nostri pazienti soffrire per la loro patologia e per la difficoltà a potersi curare.
Terzo problema: lo Stato costringe le persone ammalate ad accedere a prodotti galenici, impedendo la distribuzione di prodotti standard. Questo rende l’efficacia della terapia ovviamente variabile, essendo il contenuto del medicamento differente di volta in volta. Nella galenica la standardizzazione è molto difficile, e soprattutto varia da un preparatore all’altro.
In sintesi, abbiamo un SSN che prevede ammalati di Serie A e ammalati di Serie B. I primi hanno tutti i diritti previsti dalla costituzione in tema di salute, mentre i secondi devono farne a meno.
In questo contesto, che dura da diversi anni, interviene il Sottosegretario del Ministero della Salute, affermando che presto ci saranno i bandi per aprire al mercato della cannabis terapeutica. Quello che ci auguriamo e che si adotti lo stesso atteggiamento che si adotta per i farmaci, in modo da poter curare gli ammalati che necessitano di cannabis. Ossia che si evitino i pregiudizi che fino ad oggi hanno costretto migliaia di persone ammalate alla sofferenza.
Purtroppo, sappiamo molto bene che il diavolo si annida nei dettagli, perché i bandi non equivalgono alla risoluzione del problema, soprattutto se questi non vengono fatti nel modo corretto.
Ci sono aziende private estere, già esperte nella coltivazione della cannabis terapeutica, che sono pronte a venire in Italia a fare investimenti nella produzione di cannabis terapeutica e di olii standardizzati a base di cannabinoidi. Così come aziende italiane sono pronte a fare investimenti nel settore. Se il bando sarà fatto bene, sarà la svolta che da tempo aspettiamo.
Noi operatori sanitari, esperti nel trattamento terapeutico con cannabis medicale, speriamo che sia la volta buona e che si faccia questo passo in avanti verso le persone che soffrono.
Il mio sogno è il poter prescrivere la cannabis terapeutica e sapere che la persona ammalata può andare nella farmacia vicino casa a prendere il medicamento per curarsi, come già sta facendo per ogni altro tipo di terapia.
Articolo a cura del Dottor Marco Bertolotto per Clinn (www.clinn.it)
Articolo originale su Dolce Vita Online