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Cannabis medica: i dispensatori farmaceutici devono essere una risorsa per i medici e i loro pazienti

La cannabis medica è una materia basilare per la legalizzazione, il riconoscimento è il primo passo per un approccio consapevole alla materia cannabica. L’espansione della liberalizzazione è evidente in tutto il mondo, tutti i paesi si sono almeno posti il dubbio a fronte delle evidenze scientifiche seppur incostanti, supervisionate da BigFarma.

Una categoria è stata però sottovalutata ed esclusa dal processo: i farmacisti

Le numerose controversie all’interno della comunità medica hanno condizionato la professione del farmacista, ampiamente esclusa dalle discussioni legislative e dai processi di standardizzazione e lavorazione del prodotto.

I ricercatori Holly Shulman, Vashti Sewpersaud, e Celeste Thirlwell all’inizio di quest’anno hanno pubblicato “Prospettive globali in evoluzione dei farmacisti: dispensare cannabis medica” proprio con lo scopo di evidenziare come “la prospettiva del farmacista è di fondamentale importanza all’interno del panorama medico, in quanto sono coloro che non solo dispensano farmaci, costoro consigliano e monitorano i pazienti ed è questa prospettiva che manca”.

Il farmacista dovrebbe essere incluso in questo processo evolutivo e aggiornato costantemente sulle opportunità e le combinazioni possibili, questo considerando le numerose patologie che possono essere trattate con la cannabis medica e il potenziale di interazione con altri farmaci.

L’analisi dei dati è stata svolta attraverso la revisione della letteratura di alcuni paesi che dispensano legalmente cannabis medica: Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Israele, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Serbia, Svizzera, USA e Uruguay.

La conclusione abbastanza prevedibile nel complesso, seppur importante da divulgare come evidente è che “i farmacisti sono generalmente a loro agio con l’erogazione di cannabis medica” ma “hanno ancora bisogno di ulteriore istruzione per farlo nel modo più sicuro ed efficace possibile”.

La dott.ssa Annunziata Lombardi, Farmacista specializzata in galenica tradizionale e clinica, in Clinical Pharmacy, in Quality Assurance e Regulatory Affairs, masterclass in Cannabis medica, rappresenta la categoria da anni e sa bene quali sono le difficoltà del mestiere.

Partiamo dal presupposto che “non c’è dubbio legislativo, scientifico e clinico nel considerare la cannabis una vera e propria medicina. È forse la pianta medicinale più studiata nella storia della scienza e ancora oggi viene considerata una fonte farmacologica ancora in parte nascosta”. “Tuttavia la cannabis si pone a metà strada tra una medicina alternativa e una moderna medicina tradizionale,” prosegue la dott.ssa Lombardi “è spesso promossa dai pazienti e dai loro assistenti più che dai medici e ricercatori.”

Non ci dobbiamo dimenticare che la cannabis medica “viene per lo più assunta sotto forma di erba e quindi in forme non convenzionali di assunzione” seppure “La cannabis utilizzata in ambito medico è una sostanza di grado farmaceutico corredata di certificato di analisi per ciascuno lotto, coltivata e trasformata secondo standard rigorosi continuamente monitorati (GACP, cGMP). “

“La cannabis in quanto tale dunque è una materia prima non un farmaco finito. È una medicina personalizzata, una sostanza attiva che va trasformata in dose e forma di medicamento dall’attività galenica del farmacista preparatore; attività unica, peculiare e distintiva della professione del farmacista, vero esperto del farmaco, che può supportare il medico nella scelta farmacologica e farmacocinetica più adatta. Medico e farmacista sono richiamati alle origini nel riesplorare la clinica e la chimica al servizio del paziente per la ricerca della migliore terapia.”

“Non si può pensare che un solo farmaco possa coprire troppi impieghi medici”.

La farmacista Lombardi rimarca la necessità di svolgere ricerca e sviluppare raccolte dati: “È necessario identificare la giusta correlazione tra dose, strain e forma farmaceutica nelle diverse applicazioni e per fare ciò è fondamentale strutturare una rigorosa raccolta di dati dettagliata e globale.”

“Non si tratta solo di una raccolta di dati e informazioni passiva, ma di un intervento tecnico scientifico nel supportare il medico alla scelta della terapia più adatta per quel tipo di paziente in una determinata contingenza”.

“Del resto,” era previsto dalle istituzioni stesse, quando “lo stesso Ministero della Salute nel decreto n. 15A08888 (GU Serie Generale n.279 del 30-11-2015) scrive: Si evidenzia che esistono diverse linee genetiche di cannabis che contengono concentrazioni differenti dei principi  farmacologicamente attivi e, conseguentemente, producono effetti diversi; pertanto, gli impieghi ad uso  medico  verranno  specificati  dal  Ministero  della salute, sentiti l’Istituto superiore di sanità e l’AIFA per ciascuna linea genetica di cannabis.

Sarà quindi necessario, dopo un tempo adeguato di uso della cannabis nelle patologie di seguito  indicate, riconsiderare gli impieghi suddetti alla luce di trials  clinici che in maniera rigorosa evidenzino su un numero significativo di soggetti trattati la reale efficacia della cannabis ad uso medico”.

La cannabis medica è legale in Italia dal 2007, mentre negli USA, il Compassionate Use Act, è stato approvato in California nel 1996. In questi decenni la scoperta del mondo cannabico è stata sempre più coinvolgente e interessante, ribaltando il punto di vista del proibizionismo.

L’EMA ha pubblicato un rapporto che tenta di disciplinare gli stati membri poiché le normative, gli approvvigionamenti e le modalità di prescrizione sono diverse in ciascuno stato, influenzate dalla richiesta crescente di pazienti e dalle scelte politiche, nonché dalla diffusione informativa e la formazione delle figure professionali annesse.

La cannabis ha almeno 500 composti identificati, inclusi almeno 100 cannabinoidi, numeri che aumentano con regolarità man mano che le scoperte su questa pianta intensificano le conoscenze del mondo scientifico.

Il farmaco può essere acquistato in preparazioni galeniche confezionate dal farmacista in laboratorio o confezionati industriali proposti in casule, spray o altro a base di cannabinoidi isolati. Nel primo caso sono attualmente reperibili in farmacia infiorescenze (cartine), oli estratti, resine e cristalli, mentre i farmaci a base di cannabinoidi approvati dall’EMA sono:

E’ quindi necessario, affinché la cannabis medica sia una medicina rispettata, che lo sviluppo della ricerca vada di pari passo con la prescrizione del farmaco avviando raccolte dati e formando farmacisti e medici. Una materia così ricca di contenuti rende necessario il continuo aggiornamento degli operatori responsabili della sua lavorazione e distribuzione, per cui i dispensatori farmaceutici devono essere una risorsa per i medici e i loro pazienti.

Articolo originale su BeLeaf Magazine

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