L’artrite reumatoide (AR) è una patologia infiammatoria cronica autoimmune, che colpisce le articolazioni sia piccole che grandi, che diventano dolenti, tumefatte e vanno deformandosi con il tempo.
Molti studi scientifici stanno rivalutando THC e CBD come efficaci rimedi contro i sintomi di questa malattia. Uno studio pubblicato nel settembre 2020, rivela come il CBD abbia effetti sui fibroblasti sinoviali dell’artrite reumatoide (RASF). I RASF sono dei particolari tipi di cellule, con un ruolo importante nel percorso della malattia dell’AR perché sono coinvolti nella risposta infiammatoria alle articolazioni e nella distruzione articolare, in quanto secernono citochine pro-infiammatorie ed enzimi degradanti la matrice.
Lo studio si è concentrato su 40 pazienti affetti da artrite reumatoide sottoposti ad un intervento di sostituzione del ginocchio. Gli studiosi hanno analizzato l’effetto del CBD che ha dimostrato di ridurre la produzione di molecole di segnalazione pro-infiammatorie da parte del RASF e di aumentare i livelli di calcio intracellulare che innescano la via della morte cellulare, riducendo così la vitalità del RASF stesso. Probabilmente il CBD agisce attivando il potenziale recettore transitorio ankyrin (TRPA1), un canale ionico situato sulla membrana plasmatica di molte cellule umane e animali e, centrale, per le attività distruttive di RASF. Questi effetti sono particolarmente evidenti in condizioni infiammatorie, di conseguenza il CBD potrebbe migliorare i sintomi e il decorso della malattia andando a colpire direttamente i fibroblasti sinoviali in condizioni infiammatorie, che sono appunto caratteristiche di questa patologia.
Il potere antinfiammatorio del CBD è ormai conosciuto in ambito medico, come anche l’assenza dell’attività psicotropa, questa però è la prima volta che viene dimostrata la sua attività antiartritica.
Al momento i pazienti che soffrono di forme reumatiche di tipo acuto o cronico vengono prontamente indirizzate dai medici verso l’utilizzo dei classici antinfiammatori o antidolorifici, che sono molto utili in quanto riescono a tenere a bada il dolore e dare sollievo per qualche ora. Normalmente se la forma acuta si risolve in poco tempo questa è sicuramente la strategia migliore ma se, come nella maggior parte dei casi, la patologia perdura per più di 30 giorni, gli effetti collaterali di questi farmaci si fanno sentire. L’abuso di antinfiammatori non steroidei (FANS) può portare all’insorgenza anche rapida di insufficienza epatica, renale, cardiaca, ulcere ed emorragie intestinali. Per non parlare poi del comunissimo reflusso gastro esofageo. Se poi parliamo degli antidolorifici derivanti dagli oppiacei il rischio è ancora maggiore e i casi di dipendenza anche in seguito a consumo di breve periodo sono altissimi e hanno conseguenze spesso anche mortali.
Per questo motivo l’uso di CBD potrebbe essere una valida strategia nella lotta contro questa dolorosa patologia, potrebbe essere utilizzato quando possibile, in combinazione con gli altri farmaci andandone a diminuire drasticamente le dosi e gli effetti collaterali. Al momento gli studi non sono molti ma quelli che sono stati effettuati sono molto confortanti e ci fanno sperare in un futuro migliore per le persone affette da AR.
Aricolo originale su BeLeaf Magazine