“Sfortunatamente, quello che stiamo vedendo è che Bruxelles non solo sostiene la migrazione illegale ma anche l’aumento del consumo di droga, o almeno vuole renderlo più facile da quando la cannabis è stata recentemente riclassificata alle Nazioni Unite come una categoria che presumibilmente non è pericolosa”. Queste parole sono state pronunciate, soltanto qualche giorno fa, dal ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó all’agenzia di stampa statale MTI. E caratterizzano la nuova battaglia che vuole portare avanti Viktor Orban contro l’Europa.
Una battaglia, come spesso accade alla destre nazionaliste, completamente priva di alcuna rilevanza scientifica ma piena di pregiudizi e luoghi comuni.
Che cosa è successo?
Nel dicembre scorso, in occasione della Commission on Narcotic Drugs (CND), l’Ungheria ha votato per ben due volte in modo opposto alle indicazioni concordate in sede di Unione Europea. Una decisione che non poteva non avere conseguenze. E infatti La Commissione Europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Ungheria e ha già inviato una lettera di richiamo formale.
In base al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, infatti, gli stati membri devono adeguarsi alle decisioni comuni in occasione di votazioni ”in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici”. Proprio come la commissione sugli stupefacenti dell’Onu. Ora l’Ungheria di Orban ha due mesi per rispondere alle contestazioni della Commissione UE.
Che cosa ha stabilito la Commissione Onu?
La commissione sugli stupefacenti ha deciso di rimuovere la cannabis terapeutica dalla lista delle droghe più pericolose. Questa azione, sostenuta sia dall’Ue che dagli Stati Uniti, potrebbe portare ad un allentamento delle restrizioni riguardanti l’uso terapeutico della cannabis. Il Parlamento europeo, nel 2019, ha adottato una risoluzione che invita la Commissione europea e le autorità nazionali a dare una definizione legale di cannabis medica, con lo scopo di abilitarne l’utilizzo per uso sanitario: tuttavia è una strada ancora in salita. E le dichiarazioni rilasciate, non fanno che aumentare le difficoltà.
Aricolo originale su BeLeaf Magazine