I Radicali Roma stanno raccogliendo le firme per “Roma Antiproibizionista”: una triplice proposta risultante da 4 dossier che prevedono un piano di tolleranza delle droghe all’interno del comune grazie alle Best Practice ispirate dalla dichiarazione di Varsavia e le European Urban Drug Policies.
Le grandi città necessitano di servizi che garantiscano la sicurezza del cittadino e il supporto al recupero dalle tossicodipendenze, hanno bisogno di politiche gestionali adeguate al tessuto urbano e al turismo. Roma potrebbe essere inclusiva come Berlino o Amsterdam con il ridimensionamento dell’intervento repressivo in caso di cannabinoidi, per potersi focalizzazione sui reali problemi causati dalla diffusione delle droghe.
Una presa di posizione esemplare da parte della Capitale che faccia breccia tra le file di Montecitorio.
Roma è una grande città, dall’antica storia gloriosa e un presente meno gratificante per chi la abita. Difatti, l’indice Eurispes sulla criminalità in Italia ha fatto passare la città di Roma da “bassa” a “medio alta” nel 2020. La larga diffusione delle piazze di spaccio, soprattutto con l’avvento della pandemia, è confermato dall’AMA (azienda della nettezza urbana capitolina) che nel 2020 ha raccolto 140mila siringhe, pari a 500 chili di rifiuti speciali, ossia il 40% in più rispetto al 2019.
Leone Barilli, segretario di Radicali Roma, che coordina l’iniziativa, ha evidenziato che “l’antiproibizionismo non è limitato alle sostanze stupefacenti” ma è una battaglia per i diritti, come quello alla salute. “Il Sindaco è garante della salute del cittadino, è quindi tenuto ad occuparsi di questa questione. Roma non può non allinearsi a quelle che sono le pratiche di riduzione del danno previste dall’Agenda Onu 2030. Dovremmo uscire da questi provincialismi”, asserisce Barilli.
Il Parlamento non si prende in carico l’evidente problema socio-economico legato al proibizionismo, quando cambiando punto vista buona parte degli sprechi di denaro pubblico e delle incidenze negative sulle vite private si eviterebbero a prescindere.
Non è la cannabis il problema, sono altre le sostanze nocive che stanno prendendo piede. Intanto le FFOO arrestano ragazzi in disobbedienza civile che autoproducono per non finanziare le mafie e tutelare la propria salute.
Lo spaccio di droghe è spesso legato al riciclaggio e allo strozzinaggio, spade di Damocle sui commercianti romani, i quali hanno subito anche la crisi dovuta al Covid19. I dati parlano di un valore economico di circa 70 mln di euro per l’economia della notte, strettamente legata anche a turismo e all’occupazione in generale.
Nel 1993 nasce il PIRD – Programma Integrato di Riduzione del Danno nei tossicodipendenti a Roma, e nel 1996 l’Agenzia Comunale per le tossicodipendenze, grazie ai quali la città ha vissuto un periodo di integrazione e recupero nel rispetto della cittadinanza e con il consenso della stessa.
Nel 2008 la giunta Alemanno svuota gli uffici e inizia a smontare questo servizio pubblico, lasciando un contenitore vuoto alle successive amministrazioni.
Dal 2017, come richiesto dal Decreto legge Minniti 20 febbraio 2017 n. 14, convertito con modificazioni in legge 18 aprile 2017 n. 48, la prefettura di Roma applica il “Patto Sicurezza Urbana Roma Capitale”. Questo cambiamento si denota solo nell’imposizione di pratiche di contenimento e decoro urbano, come il divieto di mangiare cibo per strada, quello di bere alcolici dopo le 22 o qualsiasi bevanda dopo le 24, tralasciando la prospettiva di centri di aggregazione e inclusione sociale.
Si tratta di “garantire che nessuno venga lasciato indietro” e i Radicali Roma assieme a Villa Maraini e il Parsec propongono un tavolo di co-programmazione e co-progettazione tra servizi pubblici, privato sociale e associazioni dei consumatori con la conseguente istituzione presso il dipartimento politiche sociali di un Ufficio per le dipendenze e il consumo delle sostanze che si occupi di organizzare i servizi.
Si potrebbe partire dal Sindaco della Notte, già presente a Londra, Parigi, Amsterdam o dalle stanze di consumo in Europa che sono più di 50, di cui la metà in Germania e molte altre in Svizzera, è un modello di tolleranza sociale che riconsegnerebbe al Sindaco il suo ruolo di “garante della salute” del cittadino.
Sono quindi i muri del pregiudizio a separarci dal progresso sociale.
Articolo originale su BeLeaf Magazine